Come molti altri, anche noi siamo in trepida attesa che la novità annunciata da PianoC (per chi non la conoscesse, si tratta di uno spazio che unisce coworking, cobaby, community e i geniali servizi salvatempo, il tutto con una speciale attenzione al mondo delle professioniste) si concretizzi con l’apertura, ormai imminente, qui a Milano.
Nel frattempo… non abbiamo resistito a intervistare Riccarda Zezza, una delle co-fondatrici, che ha accettato molto gentilmente di rispondere alle nostre 10 domande.
CowoCheConta – PianoC è proprio l’idea che mancava, a Milano ma credo in tutta Italia. come ti è venuta l’idea, e perché?
Riccarda Zezza – L’idea di abbinare il coworking al baby parking non è mia: esistono già altre realtà del genere nel mondo.
Ho però voluto arricchire la ricetta con tutto quello che avrei sempre voluto trovare nel lavoro: facile accesso alla formazione e allo sviluppo di interessi anche personali, servizi che sbrighino per me le commissioni necessarie ma noiose, la possibilità di non vivere solo “dentro” all’azienda ma di incontrare anche persone diverse, mescolare vita e lavoro creando spazi ibridi (impossibile, in realtà, separarle!) e un lavoro misurato solo sui risultati.
Idea aggiuntiva: farne un vero e proprio esperimento, misurandone i risultati per poi raccontarli e creare un formato che si può esportare ed applicare a realtà molto diverse.
CCC – Hai trovato ispirazioni all’estero?
RZ – Si, soprattutto nell’ambito delle esperienze di coworking, all’estero già molto sviluppate.
Meno nell’idea di fare rete tra risorse trattate come “deboli” da questa impostazione dell’economia.
CCC – Le caratteristiche di piano C ne evidenziano un’impostazione “al femminile”. Anche noi siamo un team tutto rosa: ritieni che questa sia una connotazione essenziale, o solo… un po’ di colore?
RZ -Di essenziale alla sopravvivenza – anzi no: all’evoluzione – dell’economia e (di tutti noi) c’è la capacità di arricchirci e modificarci attraverso la diversità.
Abbiamo creato dei sistemi che si auto-proteggono dal cambiamento e lasciano ai margini tutto ciò che non è conforme. Ripetendo così all’infinito sempre gli stessi errori.
Il femminile ha valore in quanto portatore di diversità: di modelli nuovi, soluzioni nuove, errori nuovi.
CCC -Da un punto di vista imprenditoriale, su quali punti di forza conti per la sostenibilità economica dell’iniziativa?
RZ – Nell’immediato, un oceano blu di professioniste stanche dell’isolamento del lavorare da casa.
A tendere, una visione delle aziende verso soluzioni nuove di organizzazione del lavoro, che evitano lo spreco di risorse (risorse come il tempo, le madri, la motivazione, l’efficienza).
In mezzo, un’offerta formativa e di servizi che nasce grazie a un nuovo tipo di comunità e di rete.
CCC – E’ stato difficile passare dall’idea all’azione?
RZ -Sì.
La prima difficoltà: trovare i soci giusti. La svolta è arrivata con Carlo, totalmente diverso da me: la gamba che mancava e che ha messo in moto il tutto.
Oggi siamo in sette (cinque donne e due uomini) e siamo fortissimi.
CCC – Il tuo trascorso di donna manager (se non erro, 15 anni in azienda), ti stanno aiutando in questo percorso?
Moltissimo.
Sono “mentalmente modificata”: penso “per file excel”, pianifico, costruisco la macchina oggi perché poi sia in grado di reagire bene a qualsiasi situazione domani.
Delego molto e per davvero.
E conosco il linguaggio del business: posso parlare con “loro”.
CCC – Coworking, servizio di babycare, condivisione… ti stai muovendo nel terreno della sostenibilità: come concilierai la giusta esigenza di realizzare un profitto (e sostenere i costi) e l’erogazione di così tanti servizi in area sostenibile?
RZ – Con una forma giuridica ibrida. L’Italia non ci consente nulla di meglio.
Un srl per essere sostenibili: raccogliere capitali e fare il giusto business, con margini “sani” e trasparenti.
Un’associazione per avviare progetti necessari nell’ambito del reinserimento nel mondo del lavoro, del supporto ai momenti complicati della vita, della misurazione dei nuovi strumenti e dell’advocacy perché il cambiamento sia contagioso.
CCC – Come immagini la partenza di piano C, a cui mancano poche settimane?
Nella mia testa è già partito.
Perché piano C non è solo uno spazio – bellissimo! sarà bellissimo e molto funzionale! e nuovo, pensato in modo diverso! – che aprirà a Via Simone d’Orsenigo a Milano, è anche la visione di un modo diverso di lavorare e la voglia di farlo succedere in molti modi e in molti posti.
Per questo abbiamo già aperto le porte: a tutti quelli che vogliono ragionare insieme a noi su altri spazi, altri interventi, altre soluzioni in tutta Italia.
CCC – E come lo vedi fra 5 anni, quale sarebbe secondo te l’evoluzione più bella?
Decine di piano C (ma anche altri nomi, purchè il modello sia efficace) in tutta Italia: a portata di gamba per donne e uomini che sono di nuovo in movimento e “ributtano” nuove risorse nell’economia sperimentando appieno la “felicità produttiva”.
E anche piccoli piano C nelle imprese e nelle istituzioni: spazi e formati che accolgono la diversità delle nostre vite, invece di far finta che non esistano.
CCC – Infine, il panorama intorno. Come sai anche noi facciamo parte di un progetto di coworking, e stiamo seguendo il crescente fermento su questo tema, compreso il coinvolgimento del settore pubblico… come vedi questa situazione?
Bene: uniamoci per preservare la qualità di quel che stiamo facendo nascere.
Accertiamoci che non diventi un facile slogan, comprato dal miglior offerente. Salviamolo dall’integrazione: dal diventare troppo simile a quel che sta mettendo in discussione.
Con una visione così chiara e un focus così attento, non c’è nessun dubbio che PianoC sarà un grande successo.
Grazie Riccarda e complimenti a tutto il team, facciamo il tifo per voi!
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